Riunione ordinaria n. 11 del 28 gennaio: Luca Guerra – “La mistica del “sogno”
Relazione settimana
La mistica del “sogno”
Cari amici con mia grande sorpresa la presidente mi ha chiesto di scrivere qualcosa per il nostro blog, lasciandomi inoltre piena libertà di scelta; quindi, come Garibaldi a Teano, “obbedisco”.
Come potrebbe testimoniare mia moglie, Annamaria, una profonda insofferenza mi coglie ogni volta che sento parlare di “sogno” in televisione, soprattutto quando viene pronunciato da coloro che “ce l’hanno fatta” e che dicono di avere seguito il proprio. Insofferenza soprattutto per la influenza che tali parole possono esercitare su giovani uomini e donne, che devono ancora in qualche modo crearsi un futuro.
Insofferenza che non avrei, se sentissi parlare di progetto, di un pensiero articolato secondo un programma, secondo uno studio di fattibilità, che con le difficoltà che vi sono nel trovare lavoro è ora più necessario che mai, come lo sarebbe pure un approfondimento delle proprie personali naturali attitudini.
Forse questo deriva dalla mia formazione professionale, ma anche sostituendo progetto con programma non avrei un concetto molto diverso; ricordo ancora uno dei testi più interessanti di Umberto Eco, “Come si fa una tesi di laurea”, nel quale tra l’altro, esortava alla redazione dell’indice come atto fondativo della redazione dellastessa. Un indice destinato inevitabilmente a subire profonde modifiche, ma che sarebbe stato comunque un percorso da seguire, un programma di lavoro.
Basti pensare a quanti ragazzi si sono iscritti negli ultimi anni alle scuole professionali per cuochi, colpiti dal “bombardamento mediatico” inerente alla cucina, o meglio il cucinare ad alto livello. Mestiere durissimo, che per eccellere comporta un lungo percorso e capacità non comuni (come del resto per qualsiasi altro settore), ma del quale viene mostrata solamente una minuscola quanto insolita parte, quella televisiva ovviamente (il che però non avviene per altri settori). Quanti di questi giovani, iscrittisi all’alberghiero hanno approfondito le possibilità occupazionali, gli stipendi e gli orari di primo impiego o semplicemente studiato il percorso compiuto dagli esempi di successo?
Poiché la storia la fanno i vincitori, il racconto del successo dimentica coloro che non l’hanno raggiunto, così come le sofferenzee le frustrazioni da questi patite.
Eppure, oggi vi è un accesso alle informazioni che fino a non molti anni fa era assolutamente inimmaginabile e che consente a chiunque di approfondire un tema, o in questo caso di esplorare un percorso lavorativo, qualora lo si voglia fare e soprattutto si sia in grado di porre le domande giuste. Forse il Rotary a tale proposito potrebbe fare molto, aiutando i giovani a porsi le domande giuste piuttosto che fornire risposte, ma anche questo è al momento solo una suggestione più che un progetto…
Delle due polarità che a mio avviso costituiscono le basi del successo, talento e duro lavoro, occorre parlare anche del talento, che spesso non coincide con ciò che amiamo fare.
A tale proposito mi piace ricordare quanto ho avuto occasione di ascoltare da Pupi Avati nel corso di un paio di riunioni rotariane: per quanto si sforzasse di divenire un bravo clarinettista, con studi ed esercizi, concerti e concorsi, veniva superato dal talento naturale di Lucio Dalla, che a questo, ovviamente, univa il continuo esercizio. A mio avviso il senso di questo racconto è che occorre andare oltre “il mi piace” che contraddistingue il vacuo egotismo corrente e cercare di capire sé stessi e qual è il proprio vero talento. Purtroppo, per capirlo, occorre tempo, ma attorno ai 14-15 anni le scelte vanno fatte in fretta e sono anche scelte importanti in quanto fondative del proprio futuro, mentre non si ha ancora avuto il tempo necessario aconoscersi.
Si potrebbe citare uno che “che ce l’ha fatta”, ma che ha anche conosciuto la fine del successo, e mi riferisco a Gianni Morandi e alla sua ottimistica canzone “Uno su mille”. Se il tasso di successo fosse dell’uno per mille, sarebbe già piuttosto alto, mentre è solo il titolo di una canzone piuttosto che un dato statisticamente affidabile.
E probabilmente anche a tale proposito il Rotary potrebbe fare qualcosa in merito.