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.Tonini

Camillo Tonini è il Conservatore di Palazzo Ducale di Venezia, gestito dalla Fondazione Musei Civici di Venezia. Dirige il “Bollettino dei Musei Civici Veneziani”.

Il Museo Correr di Venezia, prende nome da Teodoro Correr che alla sua morte nel 1830 ha lasciato le sue ricche collezioni di storia e di arte alla Municipalità di Venezia.
Il Museo ha sede nelle Procuratie Nuove e nell’Ala Napoleonica in Piazza S. Marco

 

I “cuoridoro” conservati nel Museo Correr

 

“Per esser l’arte in se di gran bellezza, & molto dilettevole da vedere, e ancor di grandissimo guadagno per coloro, che la fanno: percioche questa si chiama l’Arte dell’oro”
(L. Fioravanti, Dello specchio di Scientia Universale, Venezia, 1572.)

 

Il Museo Correr possiede una ricca e diversificata collezione di “cuoridoro”, una raffinata decorazione del cuoio di cui Venezia diventa uno dei centri di produzione d’eccellenza dopo aver appreso questa particolare arte dalla Spagna e dall’Oriente.

Il cuoio per le sue qualità di resistenza e isolamento è stato utilizzato anche come supporto di decorazione per realizzare arredi quali spalliere, paraventi, cortine, sopraporte, drappi, tappeti da tavolo o come rivestimento per cuscini, sedie, cassoni, custodie di diverse fogge e perfino scudi, come le famose “rotelle” di Palazzo Ducale, oppure in ambito religioso paliotti d’altare.

La decorazione del cuoio attraverso le tecniche di doratura, l’uso di punzoni e la stesura di lacche e vernici viene precisamente codificata da Leonardo Fioravanti nel suo trattato Dello specchio di Scientia Universale, edito a Venezia nel 1572, nel capitolo Dell’arte de’ corami d’oro e sua fattura, ma già documentata in laguna dal XV secolo come attività ben radicata .

La pelle conciata veniva bagnata, battuta, levigata, tagliata a misura, asciugata brunita e ricoperta di colla per ricevere le foglie metalliche. Comunemente per i parati veniva stesa una foglia d’argento invece della ben più costosa foglia d’oro, ma anche stagno o piombo, e brunita fino a renderla particolarmente lucida. Il disegno veniva riportato con una tecnica affine alla xilografia, poteva essere impresso usando una vernice scura o soprattutto a partire dal ‘500 creando un rilievo a pressione. La superficie metallica veniva quindi coperta da una vernice resinosa color oro (meccatura), a risparmio se si volevano zone argentee e a seguire una sapiente punzonatura con piccoli ferri “quadrati, a occhio di gallo, spinapesce, e altre sorti”, come precisava il Fioravanti, veniva a creare un chiaroscuro tattile. A questo punto si poteva procedere ad una decorazione cromatica con lacche o pigmenti coprenti con legante oleoso, che, specialmente del Settecento, prevede l’impiego di una diversificata gamma di colori. A questo proposito magistrali risultano i paliotti della veneziana chiesa del Redentore attribuiti al valente pennello di Francesco Guardi.

Gli stilemi decorativi più diffusi si ispiravano al repertorio tessile: fiori e frutta naturalistici o stilizzati si intrecciano a formare mazzi, ghirlande, festoni spesso con la presenza di animali, putti o stemmi, nel Seicento si afferma anche il gusto per la decorazione a grottesca, ma a Venezia permane nel tempo anche una forte suggestione verso motivi di matrice orientali.

Nei paliotti spesso, ma non sempre, la parte centrale è occupata da una scena figurata contornata dagli ornati vegetali.

L’assemblaggio delle pelli avveniva per cucitura, mentre a partire dalla seconda metà del  Seicento si procedeva più comunemente con l’incollaggio sovrapponendone i bordi.

Il ricordo di questa fiorente attività rimane vivo nella toponomastica di Venezia, testimoniando anche le zone dove maggiormente operavano queste botteghe vi ritroviamo ad esempio il “ponte del barcariol o del cuoridoro” o “calle del cuoridoro” oppure il “Sotoportego dei cuoridoro” come riportato dal Tassini nel 1713.

I maestri “cuoridoro” facevano parte dell’ Arte dei pittori come ben si può vedere nell’incisione di Giovanni Tomini del 1588, manifesto di questa corporazione ripresa nell’insegna del 1729 attribuita alla scuola di Antonio Balestra (Museo Correr, cl. I n. 2134).

Nel XVI secolo in Venezia erano operanti ben settanta botteghe, con una produzione che rendeva centomila ducati annui, testimoniando inequivocabilmente come la città lagunare era diventata il centro principale in Italia in questa arte suntuaria.

Tra il XVI e il XVII secolo le pareti dei palazzi veneziani si ricoprono di questi preziosi cuoi dorati e ancor oggi in città si ha la possibilità di apprezzare ambienti così decorati come ad esempio la sala delle Magistrature alle leggi in Palazzo Ducale, edificio che, a giudicare dalla presenza nelle murature di ganci, doveva largamente ospitare questi parati, e anche in una delle sale del palazzo Vendramin Calergi possiamo ancora ammirare l’incanto di questa moda.

Nel corso del ‘700 comincia ad affermarsi la carta da parati che porta ad un rapido declino di questa arte e Giovanni Grevenbroch ricorda che attorno agli anni Sessanta del secolo le botteghe a Venezia si erano ridotte solamente a sette. Comunque questa arte nel 1790 era ancora vitale in città tanto che la Spagna richiede una fornitura di mille pelli dorate e decorate che viene tanto lodata per la sua qualità.

Alla fine dell’Ottocento sopravviveva un solo artigiano capace di realizzare tali manufatti  nel quale Agostino Sagredo riponeva la speranza che “potrà forse far rivivere i cuoi dorati” (A. Sagredo, Sulle consorterie delle arti edificatorie in Venezia, Venezia, 1856). Contemporaneamente si afferma un nuovo interesse storico amatoriale per questa antica arte con una ricerca di questi rari e costosi parati, che porta anche a una breve stagione di produzione di carte per arredo ad imitazione  di questi cuoi; in questo stesso frangente il Museo Correr crea la sua collezione attraverso donazioni ed oculati acquisti di frammenti più o meno grandi di parati, paliotti, cuscini realizzando un raro e prezioso repertorio. Questa cospicua collezione è stata recentemente valorizzata attraverso un primo lotto di manufatti riportati ad una corretta leggibilità attraverso un paziente lavoro di restauro. Parte di queste opere sono state esposte ad Istanbul nel 2009 in occasione della mostra Venezia e Istanbul, testimoniando i fitti rapporti commerciali e culturali tra queste due capitali. Anche la sezione espositiva dedicata ai “cuoridoro” dopo l’intervento conservativo è stata rinnovata consentendo di apprezzare pienamente la varietà e bellezza di questo materiale e a breve partirà un progetto di schedatura e studio mirato di tutto questo interessante materiale.


 

Bibliografia:

L. Fioravanti, Dello specchio di Scientia Universale, Venezia 1572, pp. 104-105.
A. Sagredo, Sulle consorterie delle arti edificatorie in Venezia, Venezia, 1856.
G. Tassini, Curiosità veneziane, ovvero origini delle denominazioni stradali di Venezia, VII ed., Venezia 1970, p. 197.
G. Grevenbroch, Gli abiti de veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti e dipinti nel secolo XVIII, III, copia anastatica, Venezia 1981, n. 139.
G.M. Pilo, Francesco Guardi. I paliotti, Milano 1983.
G. Caniato, Arti e mestieri a Venezia, in M. Cortelazzo (a cura di), Cultura popolare del Veneto. Arti e mestieri tradizionali, Milano 1989, p.135.
A. Contadini, “Cuoridoro”: tecnica e decorazione di cuoi dorati veneziani e italiani con influssi islamici, in E.J. Grube (a cura di), Arte veneziana e arte islamica. Atti del primo simposio internazionale sull’arte veneziana e l’arte islamica, Venezia 1989, pp. 231-251.
M. Paris (a cura di), Manufatti in cuoio conservazione e restauro, Milano 2001.
V. Tiozzo, Cuoi dipinti a Venezia. La Carità, in V. Tiozzo (a cura di), Accademia di Belle Arti di Venezia. Dipartimento tecniche e restauro. Seminari 2003, Mirano (Ve) 2003.
S. Hueller, Manufatti artistici in cuoio dal XV al XVIII secolo, storia, tecniche e restauro, in “Ce fastu?”, 81-82, 2005.
M. Mazza, I paliotti di cuoio dorato nelle chiese della Forania di Zoldo, in M. Pregnolato (a cura di), Tesori d’arte nelle chiese dell’Alto bellunese. Val di Zoldo, Belluno 2005, pp. 157-173.
C. Tonini, Frammento di cuoridoro da tappezzeria, in Venezia e l’Islam, 828-1797, catalogo della mostra a cura di S. Carboni, Venezia 2007.
G. Mazzucco, I cuoi dorati o “cuoridoro” lavorati a Venezia, in Venezia e Istanbul in epoca ottomana, catalogo della mostra (Istanbul, 18 novembre 2009-28 febbraio 2010), Milano 2009