Riunione ordinaria n. 14 del 17 gennaio: “I nuovi paradigmi della medicina: dal chaos ai sistemi autopoietici” – Gilberto Gori
Relazione settimana
RELAZIONE
I nuovi paradigmi della medicina: dal chaos ai sistemi autopoietici
Considero che uno dei principali scopi della vita sia la comprensione della realtà e la ricerca del miglioramento del proprio stato, il “seguir virtute e canoscenza“, questo comporta un costante bisogno di ricerca e di crescita culturale e morale.
Questa relazione è un invito alla riflessione sulla difficoltà che riscontrano i medici nel comprendere la realtà della malattia, o per meglio dire delle persone ammalate e delle loro sofferenze.
Lo scopo del medico, fin dall’antichità, è quello di alleviare il dolore e ricercare il ripristino della salute senza arrecare danni o peggioramenti ai pazienti trattati. L’aforisma Primum non nocere è da sempre stato considerato un aspetto centrale della pratica medica, ma se leggiamo qualche trattato di storia della medicina ci accorgiamo che spesso è stato da alcuni disatteso.
Il giuramento professionale del medico è fondato sul principio di scienza e coscienza che è alla base dell’obiettivo deontologico verso una responsabilità che racchiuda i principi di coscienza e di conoscenza nelle sue più ampie accezioni. Questa necessità di miglioramento ha condotto alla ricerca di nuovi modelli, per comprendere come si sviluppano le malattie, in particolare quelle croniche. Questo desiderio ha obbligato molti ricercatori, fra cui i dottori Angelo Micozzi e Paolo Benedetti, a rompere i comuni schemi di pensiero che finora sono stati il fondamento della professione medica.
Questi osservatori curiosi, per scardinare i vecchi modelli e trovarne degli altri più adatti a spiegare la realtà degli eventi, hanno abbracciato le novità di pensiero che si sono affacciate sia in fisica sia in matematica. Le loro osservazioni e considerazioni, nel tentativo di trovare ponti di contatto fra la medicina allopatica (medicina farmacologica) e la medicina omeopatica (medicina dei rimedi), hanno introdotto nuovi presupposti tramite le attuali conoscenze scientifiche.
Storicamente, una delle principali ambizioni della scienza è stata la ricerca di una linearità predittiva che purtroppo non è sempre riuscita a fornire spiegazioni su molti fenomeni. Solo all’inizio del XX secolo si è andata delineando una nuova corrente di pensiero che ha cominciato a vedere nel Chaos, nell’auto-organizzazione e nella complessità una metodologia di studio, che sta gradualmente producendo una vera e propria rivoluzione su alcuni paradigmi scientifici.
Con il termine caos deterministico si intende una forma di imprevedibilità nell’evoluzione di un sistema che non dipende dall’influenza dell’ambiente, ma dall’organizzazione iniziale del sistema stesso.
In medicina un esempio calzante, da un punto di vista clinico è rappresentato da alcune malattie autoimmuni, come per esempio l’artrite reumatoide (AR). L’individuo che si ammala di AR, mostra una predisposizione costituzionale valutabile dal suo tipo di HLA (Human Leucocyte Antigens): questo è un complesso di molecole glicoproteiche presenti sulla superficie di leucociti e di altre cellule, chiamate anche antigeni di istocompatibilità, perché responsabili della compatibilità tissutale. L’importanza dell’istocompatibilità si evidenzia particolarmente in caso di trapianto d’organo per valutare se un paziente ricevente sia in grado di accettare un organo proveniente da un donatore. Un paziente affetto da AR presenta la predisposizione costituzionale definita HLA-DR4 nel 60-70% dei soggetti, questa è considerata una condizione necessaria ma non sufficiente al determinismo di tale malattia. Il DR4 è un locus genetico di suscettibilità che si indirizza verso l’autoimmunità solo dopo uno o più inneschi, cioè contatti di natura infettiva. Fra questi inneschi infettivi svolge un ruolo riconosciuto il virus di Epstein-Barr (EBV). Questo virus herpetico è piuttosto comune, notoriamente si manifesta con la mononucleosi infettiva (ossia come patologia acuta infettiva) ma solo nella minoranza dei casi, mentre in tutti gli altri induce una risposta immunitaria clinicamente scarsa o addirittura silente. Oggi in medicina si pone sempre di più l’attenzione sul concetto di malattia infettiva latente o semplicemente latenza infettiva.
La condizione iniziale del sistema immunitario quando entra in contatto con una sostanza (antigene) comporta oltre ad una risposta reattiva, anche l’attivazione di una linea di linfociti specifici a cui si attribuisce il significato di memoria. In questo caso il sistema risponde con cambiamenti immunitari sempre più evidenti, fino ad arrivare all’erosione dei tessuti bersaglio come ad esempio le cartilagini in caso di AR nell’individuo predisposto DR4.
I principi teorici di questo processo è spiegabile proprio con il caos deterministico, secondo il quale un minimo cambiamento nel sistema è in grado di produrre cambiamenti sempre più vistosi nel tempo (il battito d’ali di una farfalla a Pechino, può provocare dopo poco tempo un temporale a New York). Se consideriamo il sistema immunitario in modo lineare, l’immunizzazione verso il virus è considerata come un fenomeno naturale dalle conseguenze imprevedibili, ma se aderiamo al modello dei sistemi caotici vedremo che l’organizzazione interna di un individuo predisposto può spiegare e prevedere l’evoluzione della malattia. In questo paradosso, dunque, dobbiamo ammettere che i sistemi caotici sono in realtà ordinati e prevedibili, a patto che il punto di osservazione sia all’interno del sistema stesso, in questo caso nel sistema immunitario. Il secondo paradosso, che si applica bene alla complessità dell’immunologia, è dato dall’elevata sensibilità del sistema alle condizioni iniziali (una minima variazione al contorno del sistema induce una grande risposta nel tempo). Questa sensibilità è una proprietà implicita e si evidenzia con il riconoscimento di un antigene (sostanza in grado di essere riconosciuta da parte di un linfocita circolante pre-formato). Il piccolo cambiamento iniziale è rappresentato dall’attivazione del linfocita specifico e dalla sua espansione proliferativa (monoclonale), che nel tempo coinvolgerà le strutture articolari che esprimono sulla loro superficie il DR4 generando autoimmunità (risposta anomala contro componenti proprie dell’organismo). Il motivo di questo graduale coinvolgimento è del tutto un concetto “omeopatico”: la glicoproteina di superficie gp120 dell’EBV mostra una similitudine molecolare (mimetismo molecolare, molecular mimicry) con il DR4 stesso espresso sulla superficie delle cellule cartilaginee. Uno degli errori della medicina, pur riconoscendo l’esistenza di questo semplice modello di studio, consiste nel trascurare i dettagli iniziali di una malattia solo perché questi si sono perduti nel tempo nonostante abbiano mantenuto la loro impronta nella memoria linfocitaria.
Cerchiamo di approfondire il punto di osservazione prendendo in prestito un noto modello fisico-matematico, in cui le condizioni iniziali di un sistema presuppongono n variabili nel cambiamento di fase (ossia nel tempo). L’immagine di questo fenomeno è quella di due montagne contigue con una pallina posta sulla cima di una di esse (condizione iniziale), quando la pallina si muove può seguire n traiettorie di caduta (variabili) verso la valle posta fra le due montagne. L’insieme di variabili di caduta nel caos deterministico è definito da uno spazio di stato in cui si rappresentano le diverse possibili fasi, ossia i valori di una grandezza e delle sue derivate, rispetto al tempo.
Le traiettorie sono diverse le une dalle altre e disegnano un insieme di fasci (fasci di traiettorie), chiamato attrattore. Il più noto è il cosiddetto attrattore di Lorenz, elaborato nel 1963, dove le traiettorie partono da punti molto vicini (condizioni iniziali molto simili) e sono divergenti nel tempo, formando un intreccio di fasci molto complesso. Con questa raffigurazione, si potrebbe pensare che l’evoluzione del sistema sia completamente casuale e imprevedibile. In realtà i fasci di traiettorie, nello spazio delle fasi, si comportano come una struttura organizzata in cui le linee rappresentano un processo evolutivo che sembra uniformarsi a un ordine superiore definito attrattore. Il termine indica la tendenza (attrazione) del sistema verso un modello di comportamento dinamico sempre diverso.
L’applicazione all’immunologia è calzante: immaginiamo le condizioni iniziali di un neonato che possono essere lette come un mosaico di linfociti vergini (non attivati). I primi antigeni in grado di suscitare una risposta, sono identificabili in particolare con le proteine streptococco, con quelle degli herpes virus e dalle proteine alimentari nel caso di un bambino durante lo svezzamento. Dato che queste ultime proteine possono permeare attraverso l’intestino immaturo ed entrare in contatto con il sistema immunitario. Seguendo il modello dell’attrattore al momento del contatto con tali antigeni (innesco), i percorsi patologici (cambiamenti) sono relativamente pochi (rinite, angina tonsillare, dermatite, otite) ma molto simili nei diversi bambini, come i fasci di traiettorie dell’attrattore all’istante t zero. Ogni fascio si identifica con un linfocita specifico, il quale si attiverà e seguirà una sua proliferazione monoclonale, da cui dipende la sintomatologia.
Provando a ragionare in termini omeopatici, questa prima attivazione linfocitaria chiamata con il termine classico di psora primaria, seguirà un suo decorso corrispondente al modello dell’attrattore, cioè prevedibile. Secondo Hahnemann (1755-1843) la psora primaria che si evidenzia sulla cute con minime lesioni desquamative, è un cambiamento interno che si auto-organizza dapprima con una sintomatologia lieve e in seguito con il mantenimento di una memoria. Questo è il presupposto dell’evoluzione in psora latente e successivamente in psora secondaria o manifesta. Potremmo definire questo modello come attrattore psorico che spostandosi sempre di più nel tempo dalle condizioni iniziali, è in grado di organizzare il sistema nelle n possibilità (traiettorie) della malattia cronica, ma sempre con modalità definite.
Questo argomento si adatta molto bene al modello di malattia cronica descritto da Hahnemann nel 1832, in quanto ricostruisce la complessa nosologia della medicina in un unico quadro di malattia cioè una sola malattia. Questa uniformità patologica non è un gioco accademico, in quanto la così detta psora è da considerarsi alla stregua di un attrattore dinamico con una sua evoluzione temporale e risponde a una logica interna prevedibile. Riuscire a ricostruire l’attrattore significa identificare i fasci di traiettoria, ossia i diversi sintomi con i quali la malattia psorica si manifesta clinicamente; significa anche trovare ordine nel caos dei singoli eventi che si susseguono e quindi reperire il farmaco omeopatico più simile possibile a quei fasci di traiettoria.
Nella scienza contemporanea l’introduzione dei concetti quali sistema e complessità, ha contribuito a demolire il mito dell’oggettività mostrando il ruolo primario dell’osservatore. L’osservatore, con le sue proprietà, ha il ruolo di descrivere il sistema dall’interno a differenza del modello precedente di puro controllo dall’esterno: quindi cambia completamente il rapporto osservatore/oggetto osservato.
Storicamente, sia nella visione riduzionistica che in quella olistica ci si è illusi che possa esistere un luogo privilegiato di osservazione trascurando la descrizione del cambiamento e del suo movimento circolare. Sotto questo aspetto, compare la necessità di spostare l’attenzione dalla linearità causale alla circolarità caotica, il che significa ordine e prevedibilità. Il pensiero di Gregory Bateson (1909-1980) e Humberto Maturana (1928), come anche Norbert Wiener (1894 -1964), Ludwig von Bertalanffy (1901-1972) e Jean Piaget (1896-1980) è compatibile con la teoria dei sistemi e sottolinea l’inevitabile riferimento all’osservatore che è in grado di descrivere i cambiamenti di stato del sistema con cui si pone in relazione. L’osservatore, al pari di ogni altro sistema, è autopoietico, ossia ha per sua natura la caratteristica di organizzarsi autonomamente. La nozione di sistema vivente autopoietico consente di uscire dalla contrapposizione sistema aperto/sistema chiuso e dall’illusione del controllo. I sistemi autopoietici sono chiusi per quanto riguarda la loro organizzazione, hanno quindi una propria identità organizzativa non subendo modificazioni organizzative attraverso l’interazione con altri sistemi o con l’ambiente; al tempo stesso questi sistemi sono aperti in quanto le perturbazioni dell’ambiente operano non tanto sulla loro identità organizzativa, ma sul loro comportamento nel tempo.
Questo nuovo modello si può applicare al sistema immunitario, considerando l’ambiente come una stimolazione antigenica e il sistema immunitario come un sistema auto-organizzato su una risposta linfocitaria autopoietica: l’identità dell’individuo non subisce modificazioni organizzative, mentre il linfocita specifico si attiva nel suo comportamento per la risposta immunitaria.
In immunologia, la nozione di identità individuale si esprime mediante il sistema di istocompatibilità (HLA), da cui dipende la suscettibilità o la resistenza agli agenti patogeni. Tale sistema è geneticamente determinato e non subisce variazioni da parte dell’ambiente (organizzazione). Questo significa che il sistema è un sistema chiuso dal punto di vista organizzativo, tale caratteristica permette di mantenere la sua integrità vivente e al tempo stesso risponde, secondo le interazioni possibili, all’ambiente svolgendo un ruolo evolutivo (comportamento). Questo attrattore biologico, se perturbato dall’innesco, presenta delle variazioni in quanto è un sistema suscettibile all’ambiente e presenta una risposta coerente agli stimoli esterni.
Tornando all’AR, se un individuo esprime il DR4, il sistema immunitario attiverà una serie di cambiamenti in risposta all’ambiente (innesco con EBV, sistema aperto), che a loro volta sono pur sempre legati alle proprietà individuali immodificabili (HLA-DR4, sistema chiuso).
Tutto questo deve farci comprendere che il sistema biologico non è solo complicato, ma bensì è complesso.
Il rimedio che riesce a coprire completamente tutte le reti dei sintomi espressi dal paziente, è in grado di agire su tutto l’attrattore e per questo ha la possibilità di annullare completamente e definitivamente l’affezione. Al contrario se si utilizza un farmaco che annulla solo uno o pochi sintomi del paziente, cioè in grado di coprire solo uno o pochi fasci dell’attrattore, una volta che questo non fosse più assunto in breve tempo si potrà osservare il rigenerarsi dello stesso quadro patologico con manifestazioni cliniche peggiori di prima.
Questa osservazione la si riscontra sempre in corso di malattie croniche dato che il sistema biologico ha per sua natura la capacità di organizzarsi autonomamente, rispetto al precedente quadro iniziale. Questo modello è applicabile a tutte le malattie croniche, degenerative e oncologiche.
Gilberto Gori