Relazione settimana


RELAZIONE

Un leader forte ci salverà dagli estremismi?

Gian Vincenzo Lucchini

Inauguro la nouvelle vague del nostro blog, in linea con il progetto e gli auspici dichiarati dal nostro Presidente e dal consiglio direttivo. Come ricorderete, si è pensato di alternare relazioni istituzionali, di carattere didattico-informativo sulle attività del Rotary, sia a livello locale che internazionale, con relazioni non istituzionali, affidate a rotazione a ciascun socio (la sottolineatura non è un caso), destinate a stimolare una discussione attiva – e finanche accesa, sia pur nei limiti statutari, del buon gusto e dell’amicizia – tra i soci su argomenti di qualsiasi natura.
Per una serie di ottimi motivi ho accettato con piacere di essere tra i primi ed ho scelto un argomento non istituzionale. L’ho fatto per un duplice ordine di motivi. Il primo è che sul fronte istituzionale sono un perfetto discente e ancora parecchio tempo, spazio ed impegno mi separano dalla conoscenza necessaria per insegnare – o anche solo dire – qualcosa che abbia senso ascoltare. Il secondo è che sono costituzionalmente privo di passioni, siano essere sportive, politiche o religiose. Questo mi porta ad osservare la maggioranza dei fenomeni che agitano la società con un occhio che voglio tenere distaccato senza scadere nel cinico. Ed in questo percorso, ho scoperto che nulla di più illuminante esiste delle opinioni degli altri. Basta fermarsi ad ascoltare e pensare, senza farsi incantare dalle sirene che cantano i tanti dogmi che giornali, notiziari e benpensanti compongono.

Non affermerò quindi verità, e neanche opinioni, ma solo personalissimi pensieri, per capire cosa ne pensate voi, in una discussione che, spero, nascerà sulle pagine del nostro club digitale. E, coerentemente, spero che saranno in molti a non essere d’accordo con quello che dico, e sono ansioso di ascoltarli.

L’argomento mi è stato suggerito da Susanna, che, ben conoscendomi, sapeva che non avrei potuto resistere. Il titolo è virgolettato in quanto non è originale, ma è tratto da un periodico la cui levatura culturale mi pone con sicurezza in un ambito non toppo ambizioso: il supplemento del Corriere “Io Donna”.

Nell’imbarazzante confusione politica, etica e morale che pervade il nostro mondo, ammetto di vivere un’estenuante alternanza di umori e sentimenti, subendo il fascino dall’anarchia a volte, altre dell’autoritarismo. Quasi mai della democrazia.

I volti del problema possono essere diversi al variare del luogo. L’Asia ci attacca sul fronte economico, senza pietà. Il mondo musulmano mette in discussione i nostri valori, spesso disprezzandoli. Gli Stati Uniti, con alcuni complici europei, non paghi dei ultimi disastri provocati, ci stanno conducendo sicuri verso qualche nuova crisi finanziaria globale. Noi Italiani, in questo mare in burrasca, continuiamo protervi a fare due cose: (i) eccelliamo in quasi tutto: industria, medicina, fisica, scienze, arte, moda, tecnologia (in Italia, se possiamo, oppure all’estero, ma sempre noi siamo), e (ii) tolleriamo una classe politica che – prescindendo dai singoli, si intende – nel suo complesso assomiglia più al Circo Barnum che ad un sistema di governo, se non fosse che la proporzione tra acrobati e pagliacci appare invertita.

Non ho le capacità per capire – e quindi suggerire soluzioni – a livello planetario. Mi accontenterei di sapere per chi – o cosa – votare. Anzi, data la situazione, mi basterebbe sapere chi scegliere – almeno in teoria – per provare ad uscire dall’apparente impasse nel quale disperatamente ci troviamo a casa nostra.

Da amante della logica e della matematica, il primo passo che faccio per risolvere un problema è cercare di conoscere i concetti astratti che ne stanno alla base. In questo caso, è nella analisi storica e politica che li troviamo: la Monarchia, la Tirannia, l’Oligarchia, la Democrazia, l’Anarchia. Tutte intese, ovviamente, come concetti teorici, non nelle loro mille e spurie manifestazioni storiche.

Il Monarca è chi governa per lignaggio. Aristotele, astraendo – da quel filosofo che era – riteneva che nel concetto fosse implicito che il Monarca governasse nell’interesse del popolo. La Storia ha dimostrato che non è mai stato così. E si tratta di un problema solo teorico, perché solo i sognatori potrebbero perdersi in questa direzione.

L’Anarchia è, in teoria, l’abolizione del governo sull’individuo e, quindi, dello Stato. Nella sua manifestazione moderna, che tanto affascinava Tolstoj, propugna l’estrema decentralizzazione dell’amministrazione, affidando ai lavoratori la gestione degli strumenti produttivi e della ricchezza che ne deriva. Da non confondere con il comunismo – reale o meno che sia – che non abolisce affatto l’accentramento amministrativo e che non rappresenta certo un sistema di governo originale, risolvendosi in Tirannia o, al meglio, in Oligarchia. Anche l’Anarchia ebbe i suoi passionari, anch’essa ebbe i suoi rivoluzionari ed i suoi morti, ma non uscì mai da un mondo che solo i sognatori potevano popolare.

Escluse queste ipotesi per la loro impraticabilità storica e sociale nel terzo millennio, rimangono la Tirannia, l’Oligarchia e la Democrazia. A ben vedere, Tirannia ed Oligarchia potrebbero considerarsi simili, se quei pochi Oligarchi gestiscono la cosa pubblica come un’idra le cui varie, selezionate teste servono un solo mostro.

Quindi, la Tirannia. “Per Platone era la peggior forma di governo, quella in cui il sovrano esercita il potere tramite la paura e commettendo atti abnormi; per Aristotele rappresentava la degenerazione della monarchia, in cui il sovrano persegue il proprio interesse anziché quello collettivo” (voce “Tirannia”, Enciclopedia on line, Treccani). Alle origini, in Grecia, nel 7° e 6° secolo a.C., la connotazione non era necessariamente così negativa. I Tiranni erano solo quelli che prendevano il potere con la forza, che detenevano, quindi, un potere illegittimo (i.e.: non derivante dal potere – legittimo – che destituivano). Ma molti di essi furono illuminati, e portarono fortuna e sviluppo ai popoli che governarono. L’unica cosa in comune con i Tiranni di tutte le ere fu che il loro illegittimo potere era la solita velenosa droga che, dopo brevi periodi di regno, li conduceva alla disgrazia e, spesso, alla morte violenta. Per mano del popolo che li aveva sostenuti.
E infine la Democrazia, nella quale la sovranità è del popolo e ciascuno è libero ed uguale nell’esercizio del potere pubblico. E con essa la libertà di parola, di culto, di opinione. Quella libertà che dovrebbe essere di tutti e finire solo dove inizia quella dell’altro. Quella Democrazia nata sulle navi ateniesi – dove ogni membro dell’equipaggio esprimeva la sua opinione ed esercitava direttamente il suo voto – ma cresciuta nelle città, dove il singolo doveva, necessariamente, esercitare la propria libera opinione non direttamente, ma eleggendo rappresentanti, che detenevano il potere.

E così, pare quasi che Tirannia e Democrazia abbiano qualcosa in comune: il popolo. Che le vuole e causa entrambe. Da tempi lontani, e con modalità sempre diverse nei particolari, ma costante nell’alternanza. Il popolo che caccia il Tiranno e impone la Democrazia. La Democrazia che cresce, vive e degenera, opprimendo il popolo, che esasperato chiama un Tiranno. Il quale, a sua volta, dopo un impulso magari positivo, opprime a sua volta il popolo, che esasperato lo caccia e impone una Democrazia. E così via, quasi che Tirannia e Democrazia siano due opposte manifestazioni della volontà popolare che, nella loro faticosa e dolorosa alternanza, riesce a mitigare gli aspetti più degenerati di entrambe.
Certo, ci sono Tiranni e Tiranni. Alcuni sono il Diavolo: Hitler, Stalin, Pol Pot, Kim Jong-un. Ma ce ne sono di molto meno estremi: Truman, Kennedy, Pompidou, la Teatcher. Magari, li potremmo definire Uomini Forti, questi nuovi Tiranni che, per il bene dello Stato e dei cittadini, ed a loro insaputa, esercitano il potere oltre le soglie ammesse dal mandato ricevuto e forse anche dal concetto stesso di democrazia.

Ve l’ho detto, io amo la matematica e mi piace affrontare i problemi trovando una formula che li risolve. Se (e urlo “SE”) questa formula fosse giusta, basterebbe guardare il telegiornale e il risultato sarebbe chiaro: Democrazia degenerata = è il momento dell’Uomo Forte. Se (e grido SE) ci credessi, mi rilasserei e affronterei le prossime elezioni con serenità. La decisione è votare l’Uomo Forte.

E poi andrei alla cella successiva, quella nella quale dovrei trovare il nome dell’Uomo Forte…