Relazione settimana

RELAZIONE

 

P. Benetollo
P. Vincenzo Benetollo,

un frate domenicano di 72 anni, rotariano da più di 20. Ha sempre insegnato filosofia e teologia. Sempre disponibile per argomenti spirituali al 338.8769.028, oppure ottorino.benetollo@gmail.com

 

 

 

 

 

La gioia dei pastori è il nostro Natale

Quando pensiamo al Natale di Gesù riteniamo che la presenza dei pastori sia piuttosto coreografica. E invece i pastori hanno un messaggio che riguarda tutte le persone e tutti i tempi. Vediamo che cosa dice il Vangelo riguardo ai pastori: «C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”» (Lc 2. 8-14).

I pastori di Betlemme

Non era una vita facile quella dei pastori di duemila anni fa: poca acqua a disposizione, e quella poca che c’era non veniva certo usata per lavarsi; il cibo era essenziale: latte e formaggio; i frutti erano deliziosi, ma non c’erano tutto l’anno. I pastori avevano poca compagnia, solo le pecore e i fidati colleghi; in compenso, però, c’era sempre l’aria pura e il cielo inondato di stelle che rendeva soave tutta la notte.

Amos Daniele e Roeh erano tre buoni amici che custodivano un numeroso gregge sulle colline intorno a Betlemme. Amos era il più anziano: organizzava il lavoro per tutti e tre, dava saggi consigli e sapeva sempre che cosa fare quando gli altri due colleghi erano in difficoltà. Daniele era il più giovane, sempre disponibile a fare i servizi più umili; era quello che aveva il compito di contare le pecore ogni volta che il gregge si spostava o si ritirava nel recinto; se il calcolo non tornava doveva andare alla ricerca delle pecore smarrite. Roeh era il più robusto, sempre affamato ma coraggioso: quando arrivava una minaccia o il lupo, era lui che metteva in fuga gli aggressori e allontanava il lupo.

Il lavoro dei tre pastori non finiva mai, perché la mattina dovevano portare il gregge ai pascoli dove c’era l’erba migliore, e il pomeriggio, dopo aver tanto camminato, mungevano le pecore e facevano il formaggio. Tre volte all’anno le tosavano per ricavare la lana per i propri vestiti e per venderla. Al tramonto riportavano le pecore nel recinto dove Daniele le contava attentamente. Quando le pecore erano al sicuro era ormai buio, e i tre amici si accordavano sulle cose da fare per i giorni seguenti.

Una sera Amos disse: «Daniele, domani mattina devi alzarti presto per andare in città, a Betlemme, a vendere il formaggio, e tu, Roeh, stanotte starai sveglio per fare la guardia gregge».

Betlemme e il censimento

Il giorno seguente Daniele si alzò di buon mattino e mise il formaggio nella gerla. Si incamminò a passo svelto e, avvicinandosi alla città, vide tanta gente che sembrava arrivare da lontano, carica di bagagli. Mai vista tanta gente a Betlemme! Persone che andavano e venivano in fretta, c’era una grande confusione, gli alloggi erano pieni e un gran vociare di gente.

Riuscì a vendere il primo formaggio a un ragazzino che iniziò a raccontargli un fatto del tutto nuovo: l’imperatore Cesare Augusto, di Roma, voleva sapere quanti erano gli abitanti del suo impero, e così ognuno doveva recarsi al proprio paese per farsi registrare.

Ecco perché a Betlemme c’era tutta quella folla!

Il secondo formaggio lo comprò un vecchio signore che stava parlando animatamente con altre persone. Daniele si fermò ad ascoltare e udì parole difficili, come Messia, Salvatore, Emmanuele, parole di cui non conosceva il significato. L’anziano signore, vendendolo stupito e intento ad ascoltare, iniziò a spiegargli che tutte quelle persone erano in una grande attesa, perché i libri sacri dicevano che presto sarebbe nato il Messia, cioè il Salvatore di tutto il popolo, in particolare dei piccoli e dei poveri.

Dopo aver venduto tutti i formaggi, Daniele tornò al recinto contento per il ricavato e la notizia del Messia. Raccontò ai suoi amici pastori quello che aveva visto e sentito. Roeh, ancora stanco per la notte di veglia, lo prendeva in giro: «Ti pare, Daniele, che il Messia possa venire qui da noi, poveri pastori, e abitanti di una terra sconosciuta come Betlemme?

Il Messia non può venire che da Roma, stai certo». Amos, invece, lo aveva ascoltato con interesse, senza commentare.

La nascita del Messia

A Betlemme, per far registrare il proprio nome, stavano andando anche una mamma e un papà molto giovani. Lei viaggiava in groppa a un asinello perché era incinta e prossima al parto; cercavano con ansia un alloggio dove fermarsi per la nascita del bimbo.

Provarono a bussare e chiedere tante volte, ma la risposta era sempre la stessa: “Purtroppo non abbiamo posto!”. Stanchi e delusi si aggiravano ormai senza meta, quando una cameriera di una locanda, impietosita, indicò loro una stalla, fuori della porta della città, dove almeno potevano trovare rifugio.

Il papà e la mamma la ringraziarono con tutto il cuore e si affrettarono al luogo segnalato.

Ebbero appena il tempo di arrivare e di sistemare un po’ di paglia pulita in una mangiatoia, che il bimbo venne alla luce. La mamma lo avvolse in fasce e lo depose in quella “culla” improvvisata, la mangiatoia.

Nella stessa notte, nel recinto sulle colline vicino a Betlemme, i tre amici pastori dormivano con il proprio gregge: quella notte vegliava Amos. Tutto sembrava normale, ma all’improvviso un angelo del Signore apparve in cielo avvolto in una luce straordinaria e bellissima che illuminava tutto: era così forte che anche Daniele e Roeh si svegliarono.

I pastori furono come tramortiti dallo spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, non abbiate paura, vi annuncio la più grande gioia che riguarda tutto il popolo: oggi nella città di Davide, Betlemme, è nato il Messia, il Salvatore dell’umanità intera; è un bambino che troverete avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia».

La luce era sempre più forte, una luce mirabile, mai vista prima. Subito a quell’angelo se ne unirono tantissimi altri che cantavano e lodavano Dio con queste parole: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.

«Pace in terra agli uomini che Dio ama»

Poi gli angeli si allontanarono per tornare in cielo. I tre amici si interrogarono su quell’incredibile apparizione: perché Dio aveva mandato gli angeli proprio da loro, i più dimenticati e poveri di Betlemme?

Roeh, che dei tre si era dimostrato il più tiepido alla notizia del Messia, colpito da quel fatto straordinario, disse: «avete sentito anche voi! L’angelo ha detto “pace agli uomini che Dio ama”, quindi Dio ama anche noi! Dobbiamo andare a cercare il bambino. Partiamo subito!».

Ma Daniele ribatté in fretta: «voi non siete stati in città, non avete un’idea di come sia Betlemme in questi giorni con tutta quella folla. Come faremo a trovarlo?».

Amos, che era il più saggio, osservò: «ma non avete sentito? L’angelo ha detto di “cercare il bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Andiamo andiamo, non sarà difficile

E subito, portando dei formaggi e un agnello, partirono con ansia e gioia. Una grande luce illuminava il loro cammino: sembrava la luce intensa e mirabile che aveva accompagnato il coro degli angeli che cantavano “Gloria a Dio”.

Presto trovarono Gesù Bambino, adagiato in una mangiatoia. «Che cosa inverosimile! – disse Roeh sgomento – un Messia bambino!».

Amos raccontò a Maria e a Giuseppe dell’apparizione degli angeli che li avevano invitati a cercare il Messia bambino non solo con le parole, ma anche con il canto e un prodigio di luce. Maria e Giuseppe ascoltarono il racconto con gioia e trepidazione.

Il pastore povero

Intanto era giunto un altro gruppo di pastori. Anch’essi erano stati avvertiti dagli angeli e avevano deciso di andare alla ricerca del bambino in fasce che giaceva nella mangiatoia.

Uno di questo secondo gruppo non voleva unirsi ai suoi amici perché non aveva alcun dono da portare. Diceva: «Io non posso venire: sono a mani vuote, che cosa posso offrire al Messia bambino?». Ma gli altri tanto dissero e fecero che lo convinsero ad andare con loro.

Maria allora prese tra le braccia Gesù Bambino per farlo vedere a tutti questi sconosciuti pastori arrivati con i loro doni per onorare il Messia bambino. Tutti, anche Amos, Daniele e Roeh, avevano portato cacio, lana e agnellini.

Più lontano, un po’ in disparte, c’era anche il pastore poverissimo che non aveva nulla da offrire. Maria allora gli fece cenno di venire vicino vicino. Lui si fece avanti turbato e confuso. E Maria, per avere le mani libere e poter ricevere i doni, depose dolcemente il bambino Gesù tra le braccia del pastore che era a mani vuote.

*****

Tutti tornarono ai loro greggi. Lungo la strada Amos e Daniele guardavano con curiosità la faccia di Roeh. «Roeh – dissero – che cosa ti sta succedendo? Hai il viso raggiante!». E Roeh rispose subito con compiacenza: «Anche il vostro volto è trasfigurato perché la pace del Messia bambino ha conquistato anche voi».

Questa pace è la grande gioia che Dio ha destinato a tutte le persone, perché Egli ama proprio ciascuno di noi.

P. Vincenzo Benetollo o.p.