Relazione settimana

RELAZIONE

 

Gallassi

 

Prof. Roberto Gallassi,

Neurologo, Casa di Cura Toniolo, Bologna
(già Responsabile Scientifico del Centro Universitario per lo Studio Neurologico dell’Invecchiamento Cerebrale e del laboratorio di Neuropsicologia Clinica del Dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Università di Bologna e dell’IRCCS dell’Istituto di Neurologia di Bologna – Socio Rotary Club Bologna).

 

 

I DISTURBI DELLA MEMORIA E COGNITIVI

Cosa sono?

E’ risaputo che le prestazioni di memoria, con il passare degli anni, tendono a diventare meno efficaci: episodi di “smemoratezza” sono molto comuni ma possono non influire significativamente sulle capacità di svolgere le attività della vita quotidiana e sulla possibilità di avere una normale vita di relazione.

Quando, invece, i disturbi di memoria e delle altre funzioni cognitive (attenzione, orientamento spazio-temporale, linguaggio, percezione, capacità di ragionamento, di giudizio, ecc.) possono costituire un campanello d’allarme per lo sviluppo di una vera patologia?

Quando questi disturbi iniziano ad interferire con le proprie attività e a determinare un’alterazione significativa e progressiva delle precedenti capacità cognitive.

In questo caso, il soggetto può presentare difficoltà ad apprendere nuove informazioni, a ricordare eventi recenti, appuntamenti, nomi propri o di oggetti, può fare fatica a trovare le parole nel contesto di un discorso, mostrare un impoverimento del linguaggio, avere incertezze nel capire ciò che gli altri dicono o chiedono, esitazioni nell’affrontare e risolvere situazioni nuove o complesse. Può presentare un difettoso orientamento nel tempo e nello spazio (inclusi i percorsi da compiere), sentirsi “confuso” e non in grado di mantenere un certo grado di attenzione e concentrazione nelle abituali attività. A questi aspetti si possono aggiungere modificazioni del carattere, del comportamento, del tono dell’umore, con depressione, episodi di ansia, riduzione degli interessi e dell’iniziativa.

QUALI SONO LE CAUSE

I vari tipi di demenza

La demenza è una condizione di deterioramento cognitivo acquisito in età senile o presenile (di cui, generalmente, il disturbo di memoria è quello iniziale e preminente), che determina una riduzione significativa dell’autonomia nelle attività lavorative e della vita quotidiana, con frequenti disturbi del comportamento e sintomi depressivi ed ansiosi. La maggior parte delle demenze sono progressive ed irreversibili, ma esistono anche forme reversibili e trattabili con adeguate diagnosi e terapie. Le cause di demenza sono circa una settantina e le forme più frequenti sono quelle degenerative, di cui la malattia di Alzheimer è quella nettamente più comune. Esistono altre forme degenerative come la demenza fronto-temporale, demenze nel corso della malattia di Parkinson o parkinsonismi, altri disturbi del movimento come la corea di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica, ecc. Vi sono inoltre vari tipi di demenze vascolari, infiammatorie, infettive, neoplastiche, post-traumatiche, da idrocefalo normoteso, forme secondarie come quelle tossiche, metaboliche, da insufficienza di organi ed apparati, ecc.

L’invecchiamento progressivo dell’età media della popolazione, oltre ad aspetti positivi, determina anche una grande rilevanza epidemiologica di queste forme che sono nettamente più frequenti nell’età senile e che, quindi, possono manifestarsi molto più frequentemente che in passato, sino a costituire quella che è stata definita un’epidemia silente, con gravi conseguenze umane, sociali ed economiche.

I disturbi della sfera affettiva, come depressione ed ansia, come detto, possono avere alcuni sintomi simili a quelli iniziali delle demenze ed anch’essi possono interferire negativamente con le prestazioni di memoria e cognitive, specie attenzione e concentrazione. I disturbi cognitivi dovuti a depressione possono, raramente essere così intensi da causare gravi alterazioni comportamentali che possono “simulare” una demenza, cosiddetta “pseudodemenza depressiva”. Tale condizione può essere reversibile con un’adeguata terapia antidepressiva. Invece, la terapia antidepressiva può migliorare la depressione che si può associare ad una vera situazione di demenza, ma non migliora le prestazioni cognitive del soggetto.

Fra l’invecchiamento cosiddetto “fisiologico” e la demenza, non esiste una separazione netta, ma uno spettro continuo con situazioni di gravità intermedia, come il lieve deficit cognitivo (cosiddetto Mild Cognitive Impairment nella lingua anglosassone). Tale sindrome è caratterizzata da deficit cognitivi lievi e settoriali, che non implicano alterazioni dell’autonomia nella vita quotidiana; essa può rimanere a lungo invariata o, in tempi più o meno lunghi, trasformarsi anch’essa in una demenza.

Infine, esiste una condizione, sempre più frequentemente riscontrabile, in cui i soggetti denunciano importanti disturbi cognitivi (specie di memoria) anche se, in realtà, costoro non hanno obiettivi deficit cognitivi riscontrabili con gli esami di approfondimento. Tali soggetti, che, talora, sono anche relativamente giovani, hanno spesso una sindrome ansiosa e/o depressiva, non riconosciuta o non accettata da loro stessi e in cui il sintomo principale è proprio costituito da un disturbo soggettivo cognitivo .

E’ perciò necessario valutare molto accuratamente tutti questi disturbi di tipo cognitivo per poter tempestivamente distinguere fra le varie forme d’invecchiamento, tra i vari tipi di demenza o un disturbo esclusivamente di tipo affettivo.

Come si diagnosticano?

La diagnosi si avvale di una procedura che, pur rispettando alcune caratteristiche standard e attenendosi a criteri di linee guida validati in ambito italiano ed internazionale, è sempre specifica per ogni singolo paziente.

Le valutazioni cliniche e gli esami in questo iter diagnostico sono:

Indagine anamnestica: raccoglie informazioni sui dati familiari, sulla sintomatologia e sulle modalità di esordio e sul grado di autonomia del paziente.

Esame obiettivo generale: può evidenziare disfunzioni di organi ed apparati conseguenti a vari tipi di malattie.

Esame obiettivo neurologico: può rilevare segni clinici patologici a carico del sistema nervoso centrale e periferico.

Indagini di laboratorio: possono evidenziare eventuali alterazioni all’origine di forme secondarie di demenza trattabili o reversibili.

Indagini neuroradiologiche (TC o RM cerebrale): danno un indirizzo fondamentale sulla eziologia.

Elettroencefalogramma: per alcuni aspetti è sensibile all’invecchiamento patologico.

Esame neuropsicologico: è l’esame più specificoper valutare l’esistenza, la tipologia, la gravità e l’evoluzione di un disturbo cognitivo e anche del quadro affettivo – comportamentale del paziente.

Valutazione cardiologica:può contribuire (insieme all’Eco-doppler dei tronchi sopraortici) a valutare il quadro circolatorio e, inoltre, le possibili controindicazioni per l’impiego di alcuni farmaci.

Poligrafia dinamica notturna (Mesam): valuta la presenza di possibili apnee nel sonno, che possono causare disturbi cognitivi.

Valutazioni pneumologiche: indagano le eventuali alterazioni della funzionalità respiratoria, che possono determinare o aggravare disturbi cognitivi.

In alcuni casi, è utile l’esecuzione della puntura lombare per una valutazione del liquor cerebrospinale, indice di possibili patologie infiammatorie, infettive, neoplastiche del sistema nervoso. Nel liquor sono esaminabili anche markers liquorali di neurodegenerazione anche se, attualmente, sono ancora esami speciali, non impiegati nella pratica clinica routinaria.

QUALI SONO LE POSSIBILI TERAPIE?

Terapie farmacologiche e di stimolazione cognitiva

In attesa, ormai lunga, di terapie che possano modificare realmente l’evoluzione delle demenze, le terapie farmacologiche attualmente usate nelle forme degenerative di demenza non sono risolutive perché non possono arrestarne il decorso evolutivo. Tuttavia, anche per queste forme, esistono farmaci che possono rallentare il decorso della sintomatologia cognitiva. Per le forme iniziali o lievi, esistono integratori che appaiono interessanti da un punto di vista concettuale per coadiuvare le altre terapie farmacologiche. Recentemente, sono stati commercializzati anche prodotti per un approccio nutrizionale nei casi di disturbi cognitivi lievi/iniziali. Risultati più chiaramente evidenziabili si possono ottenere nei disturbi affettivi e comportamentali. Risultati talora molto positivi si possono avere nel caso dell’individuazione di forme secondarie curabili / reversibili.

Da alcuni anni, sono attuate vari tipi di terapie di stimolazione e riabilitazione cognitiva in pazienti con lievi deficit cognitivi e forme iniziali di demenza, per stimolare le funzioni ancora intatte o poco compromesse e cercare di stimolare, entro certi limiti, anche quelle alterate. Esistono anche tecniche di stimolazione cerebrale elettrica e magnetica, non ancora applicate in maniera diffusa, che appaiono interessanti e promettenti. Gli specialisti psicologi con esperienze e competenze in neuropsicologia eseguono, oltre all’esame neuropsicologico, le tecniche di stimolazione e riabilitazione cognitiva. Tali specialisti possono svolgere, insieme ad altri specialisti, anche corsi d’informazione per i famigliari per la gestione del paziente, di counseling ed, eventualmente, sedute di supporto individuale o di gruppo.

I Centri per i Disturbi della Memoria e Cognitivi

Da vari anni, esistono nelle strutture pubbliche neurologiche e geriatriche Centri specialistici riconosciuti dal Piano Regionale Demenze dedicati alla diagnosi e la cura dei disturbi cognitivi; essi svolgono un’attività di assistenza e di ricerca per queste patologie, con formulazione di iter diagnostici per la valutazione multidisciplinare delle patologie cognitive di vario grado ed eziologia, esecuzione di terapie farmacologiche o di altro tipo, valutandone i risultati e il follow-up; vengono svolti percorsi integrati assistenziali ambulatoriali o in regime di ricovero in strutture specialistiche per i pazienti e attività di aiuto e supporto per i famigliari. Più recentemente, sono state strutturate anche in ambiente privato, attività ambulatoriali e in regime di ricovero per i pazienti con disturbo cognitivi. Tutte queste attività costituiscono un punto di riferimento per i pazienti e i familiari per questo tipo di patologie così diffuse ed invalidanti.