Relazione settimana

RELAZIONE

MartelliALESSANDRO MARTELLI

“Ingegnere, PhD. Presidente dell’associazione GLIS («GLIS – Isolamento ed altre Strategie di Progettazione Antisismica»). Presidente fondatore ed attuale Vicepresidente dell’«Anti-Seismic Systems International Society» (ASSISi). Membro: del Consiglio Direttivo dello Structural Engineers World Congress – Italian Group; del Comitato Tecnico-Scientifico del «Coordinamento Nazionale Associazioni di Volontariato per la Prevenzione Sismica e Ambientale»; della Commissione IPPC («Integrated Pollution Prevention and Control») per la concessione dell’AIA («Autorizzazione Integrata Ambientale») del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in «Ingegneria Civile, Ambiente e Territorio, Edile e in Chimica» del Politecnico di Bari. Socio del Rotary Club Bologna Est dal 1982 e membro della Commissione Ambiente del Distretto 2072 dal 2013.”

 

 

Rigenerazione urbana – Aspetti generali e note sulla protezione sismica

Il 13 febbraio 2016 si è tenuto, al Tecnopolo dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UNIMORE), il Convegno «Rigenerazione Urbana», organizzato dai Distretto 2072 del Rotary e del Rotaract, dall’UNIMORE e dall’ENEA, con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori (PPC) della Provincia di Modena e della Fondazione Architetti di Reggio Emilia e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Modena, dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, dell’Università di Ferrara, del GLIS, della Sezione Territoriale europea dell’ASSISi, dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Bologna e degli Ordini degli Ingegneri delle Provincie di Bologna e Modena.

Dopo gli indirizzi di saluto ed una mia breve introduzione, il convegno si è articolato in due sessioni. Esso ha riscosso il gradimento unanime di tutti i presenti (un centinaio), proponendo all’attenzione della comunità temi e soluzioni su problemi di grande attualità. In particolare, si è sottolineato come gli aspetti energetici e la protezione sismica) siano due obiettivi da perseguire congiuntamente, nella progettazione sia dei nuovi edifici che di interventi sull’esistente. Difatti, se è curato solo uno dei due aspetti, il rischio è di adottare misure controproducenti per l’altro. Inoltre, rendere un edificio efficiente dal punto di vista energetico spesso implica l’adozione di sistemi ed apparecchiature assai vulnerabili al sisma: pertanto, trascurarne la protezione dal terremoto mette a repentaglio investimenti notevoli. Purtroppo, di ciò ben pochi, almeno sino ad ora, hanno tenuto conto e si continua usualmente a trattare i due argomenti separatamente.

Più in generale, è da sottolineare che la rigenerazione urbana è un processo articolato, che passa attraverso attività finalizzate, oltre che alla messa in sicurezza e rigenerazione del patrimonio edilizio (in particolare nelle zone a rischio sismico e idrogeologico), anche alla riduzione del consumo del suolo e degli sprechi energetici ed idrici, alla rivalutazione degli spazi pubblici e del verde urbano ed alla razionalizzazione della mobilità urbana e del ciclo dei rifiuti. La rigenerazione urbana riguarda gli interventi di natura culturale, sociale, economica, ambientale, architettonica e strutturale finalizzati ad un incremento della qualità della vita nelle aree soggette a trasformazione. Proprio una visione comprensiva ed integrata della rigenerazione urbana, comunicata con un linguaggio divulgativo per favorirne la massima comprensione ai partecipanti, è stata al centro del convegno di Modena.

Sul convegno e, in particolare, sulla prevenzione sismica, maggiori informazioni sono reperibili nel Comunicato Stampa del Distretto 2072 e nei miei articoli «Il Convegno di Modena – La rigenerazione urbana può dare una mano al clima» (Villaggio Globale, N. 73, marzo 2016) e «Rigenerazione Urbana. Aspetti energetici e la protezione sismica» (Edilio, 7 marzo – si veda il link nel sito Internet del Distretto). Mi limito, quindi, agli ultimi punti elencati nei suddetti miei articoli, ricordando che è ormai assodato, da indagini conoscitive ufficiali sullo stato della sicurezza sismica in Italia (ad esempio, nel 2012, dall’«Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia» della Camera dei Deputati), che il 70-80% dell’edificato italiano non è in grado di resistere a terremoti già avvenuti in passato.

La gravissima situazione riguardante la vulnerabilità sismica in Italia è una conseguenza della mancanza di percezione, in Italia e a tutti i livelli (cioè a partire dell’opinione pubblica, fino ad arrivare alle Istituzioni), dei rischi (in particolare, ma non solo, sismico). Ad aggravare la situazione summenzionata sono il nostro notevolissimo patrimonio culturale (comprese le opere d’arte contenute in musei assai vulnerabili) ed i nostri impianti chimici a rischio di incidente rilevante (RIR), pure sismicamente assai vulnerabili e, inoltre, con elevatissima esposizione, situati anche in zone ad elevata pericolosità sismica e/o relativa a maremoti (ad esempio, in Sicilia, a Priolo-Gargallo ed a Milazzo). La conseguenza di quanto prima riportato è la perdurante mancanza, in Italia, di adeguate politiche di prevenzione (in particolare, ma non solo, sismica). Ormai esistono e sono largamente applicati, anche in Italia, efficaci moderni sistemi antisismici (di isolamento sismico, di dissipazione d’energia, ecc.) e moderne tecniche di rinforzo delle strutture. Tali sistemi e tecniche:

a) sono in grado di accrescere fortemente la sicurezza delle costruzioni, proteggendo anche gli elementi non strutturali e le apparecchiature contenute ed eliminando, o quantomeno riducendo, il panico (specialmente quando è utilizzato l’isolamento sismico);

b) possono essere utilizzati sia per le nuove costruzioni sia per quelle esistenti (incluse, anche se con particolari accorgimenti, quelle monumentali);

c) per le normali costruzioni l’uso di tali tecnologie comporta costi aggiuntivi di costruzione limitati, quando non assenti.

Non vi è dunque, ormai più, alcuna scusa per non utilizzare i sistemi e le tecniche succitati, cioè per ritenere che nulla si possa fare contro il terremoto. Anche volendo assurdamente trascurare l’obiettivo principale di tali adeguate politiche di prevenzione (cioè le nuove vittime che si possono evitare), si ricordi che riparare o ricostruire dopo un terremoto costa il triplo di quanto si deve spendere intervenendo su di esso anche grazie alle moderne tecnologie (e per il rischio idrogeologico, ad esempio 5 volte tanto).

Utilizzando le moderne tecnologie antisismiche (ma correttamente – cosa, purtroppo, che con sempre avviene), dal terremoto ci si può proteggere, eccome: lo dimostra, senza tema di smentita, l’esperienza di altri paesi (come, ad esempio, il Giappone), che, pur essendo periodicamente colpiti da eventi ben più violenti di quelli italiani, ne escono quasi sempre con vittime e danni assai limitati. Per attuare le suddette corrette politiche di prevenzione, è ovviamente indispensabile non solo intervenire (correttamente) su quanto è già stato danneggiato da terremoti, ma agire anche sull’esistente non ancora da essi colpito, tramite l’installazione di sistemi d’isolamento sismico in fase preventiva, cosa che permette, fra l’altro, di limitare molto l’interruzione dell’operatività della costruzione (ciò è particolare interesse, ad esempio, nel caso degli ospedali, le cui attività non possono essere agevolmente spostate). I dispositivi antisismici (in particolare quelli di isolamento) devono essere accuratamente scelti, qualificati, accettatati ed installati e la loro efficacia deve essere garantita per l’intera vita utile della costruzione.
Anche in Italia, occorre poi finalmente distinguere tra l’edificato realmente “antico” e quello semplicemente “vecchio”, demolendo quest’ultimo e ricostruendolo in modo tale che esso garantisca la sicurezza sismica (contrariamente a quanto attualmente avviene, anche per la miopia di numerose Sovrintendenze, oltre che per leggi ormai superate). Ciò vale, per gli edifici ospitati in edifici “vecchi”, soprattutto (ma non solo) per quelli:

a) strategici, come, ad esempio, gli ospedali e rilevanti per la protezione civile (edifici che dovrebbero restare operativi dopo un terremoto, anche forte);

b) pubblici, in particolare per le scuole, che dovrebbero restare totalmente integre dopo un terremoto, anche violento, perché esse contengono il futuro di ogni comunità).

Per quanto attiene attualmente ospitati in edifici a scuole, ospedali ed altri edifici strategici e pubblici che sono monumentali che non sia possibile adeguare sismicamente, è indispensabile spostare le funzioni di tali edifici in altri che siano totalmente sicuri.

Infine, per quanto riguarda gli impianti chimici RIR, è necessario che si valuti, con la massima urgenza, la vulnerabilità di quelli esistenti (in particolare in Sicilia, a Priolo-Gargallo e Milazzo), si definisca, finalmente, un’adeguata normativa (sia per gli impianti di nuova costruzione che per gli interventi su quelli esistenti) e si proceda, finalmente, ai necessari interventi di messa in sicurezza dei componenti esistenti che lo richiedano.