Relazione settimana

L’ ARCHITETTURA DEL 110% di Luca Guerra

Il diffuso interesse attorno a questa iniziativa del governo, mi induce a parlarne dal dal punto di vista che mi è proprio, ciò quello dell’architetto.

Direi che sono 3 i settori principali di intervento: la riqualificazione energetica degli edifici, la produzione di energie rinnovabili, il miglioramento antisismico.

Nonostante ognuno di essi comporti ricadute sull’aspetto complessivo di un edificio, mi limiterò al primo di essi che si identifica generalmente con il cosiddetto “cappotto”. Questo isolamento termico, a differenza dell’indumento cui si rifà, in estate non si può togliere. Fuor di metafora, il problema principale è che durante il periodo estivo, si corre il rischio di avere all’interno temperature maggiori che all’esterno. In una abitazione vi sono delle “stufette” alla temperatura media di 36.5° (gli esseri umani), vi sono elettrodomestici che scaldano, quali il frigorifero, i computer e le televisioni, ad esempio, per non parlare dell’acqua che bolle per gli spaghetti… Una serie di fonti di calore che il rivestimento esterno termoisolante conterrebbe invece all’interno.

Pertanto, la riqualificazione energetica comporta oltre al contenimento delle dispersioni termiche invernali anche la necessità di gestire il raffrescamento estivo senza consumare energia elettrica a tale scopo. Oltre alla installazione di fonti energetiche rinnovabili, questo risultato si può ottenere anche indirizzando la progettazione del “cappotto” verso l’interposizione di “facciate ventilate” su quelle maggiormente esposte all’irraggiamento solare (sud e ovest). In questo modo l’eventuale surriscaldamento estivo sarebbe limitato già all’ingresso.

Se il cappotto come finitura esterna è assimilabile ad una superficie intonacata, la facciata ventilata è tutt’altra cosa, trattandosi in genere di lastre di grande formato montate su una apposita struttura che distaccandola dalla parete preesistente lascia una intercapedine, la cui apertura alle due estremità crea un flusso d’aria ascensionale. Questo accorgimento tecnologico, rispetto al cappotto, comporta un maggior costo di installazione e una evidente differenza formale. Una vera e propria innovazione nell’aspetto dell’edificio che alcuni potrebbero non gradire, mentre altri ne apprezzerebbero l’innovazione e la capacità di ridurre il calore interno.

L’installazione del cappotto comporta comunque l’inspessimento delle pareti esterne e la conseguente necessità di adattare tutti i bancali (o davanzali) delle finestre, divenuti a questo punto “corti”. Qualora sia necessario sostituire anche gli infissi esterni, si può ipotizzarne la sostituzione con altri delle dimensioni “aggiornate”, anche se ciò comporta opere murarie più o meno invasive all’interno di vani abitati, con tutte le conseguenze del caso. In alternativa si sovrappongono, a quelli esistenti, dei nuovi bancali in lamiera o in materiale composito, magari incorniciando per intero il vano della finestra (per ridurre i giunti e quindi le infiltrazioni d’acqua piovana). Anche in questo caso l’innovazione dell’esterno dell’edificio è evidente.

Non mi dilungo oltre se non per ribadire come i fattori tecnologici che ho brevemente descritto abbiano evidenti ricadute sulla configurazione formale complessiva dell’edificio, e attendersi che al termine della riqualificazione energetica l’edificio non sia cambiato costituisce una aspettativa assolutamente infondata.

Questi interventi in molti casi sono un’occasione davvero unica per rinnovare formalmente un fabbricato privo di qualità, come purtroppo lo è la maggior parte dell’edilizia di questo paese, conferendogli un valore aggiunto altrimenti non conseguibile. Solamente una progettazione multidisciplinare attenta ad un esito finale che non sia meramente funzionale, con disegni accurati, viste tridimensionali a colori e fotoinserimenti consente di migliorare il comportamento energetico dell’edificio.

Bologna, 05.01.2020

 

Luca guerra