Relazione settimana


RELAZIONE
STILE GOVANILE E COLLETTIVITA’ ATTUALE

claudio-widmannClaudio Widmann

P.P. e socio del R.C. Ravenna (Distretto 2072), psicologo-psicoterapeuta ed analista junghiano, docente presso numerose scuole di specializzazione in psicoterapia, autore di numerose pubblicazioni sulla psicologia junghiana e sulla psicoterapia autogena.

Premessa
Storici, sociologi, opinionisti, economisti, politici, educatori, psicologi sono concordi nel riconoscere che stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti.
Alcuni si spingono a dire che è in atto un passaggio epocale, ovvero che non si tratta di cambiamenti quantitativi, che interessano l’intensità con cui vengono praticate le cose di sempre, ma di cambiamenti qualitativi, che investono i fondamentali dell’esistenza. Non si viaggia più di un tempo: ci si muove -in modo materiale e dematerializzato- in un mondo globale; non si fantastica più o meno di un tempo: le tecnologie dell’immagine hanno mutato le forme dell’immaginazione, consentono di costruire identità virtuali, di vivere in second life, di costruirsi vere e proprie identità multiple.
Epocale o non, per ammissione quasi unanime la grande mutazione pare iniziata poco dopo il giro di boa segnato dalla metà del XX secolo.
“Sessantotto” è un termine temporale impreciso, che indica un fenomeno preciso. Se fu fenomeno epocale, non comportò solo la rivendicazione di diritti o pretese, la proclamazione di determinati ideali, il prevalere di qualche ideologia e l’avanzata di certe forze politiche. Riguardò lo stile di vita nel suo insieme. Quest’anno ricorrono cinquant’anni da quell’anno-simbolo, che non va inteso né come anno cronologico né come movimento di piazza a tasso variabile di fanatismo.
Le rievocazioni televisive, letterarie e di altro genere che si vanno moltiplicando offrono occasione ai più giovani di mettere a fuoco il salto trasformativo che si è consumato e che ancora si protrae. Ai meno giovani consentono di realizzare che ciascuno di loro contribuì in prima persona alla trasformazione in atto, indipendentemente dalla propria adesione agli slogan proclamati e agli ideali sbandierati, dalla partecipazione a qualche movimento o a nessun movimento, dall’intenzione di realizzare precisamente questo attuale assetto collettivo.
Ci sono passaggi trasformativi che vengono innescati da innovazioni che interessano la realtà fisica e si dispiegano primariamente sul piano operativo; ce ne sono altre che vengono innescate da sovvertimenti di tipo intellettuale e comportano anzitutto un mutamento dello spirito del tempo. La scoperta dell’America o l’invenzione della macchina a vapore appartengono al primo tipo; il generalizzarsi del pensiero aristotelico o la diffusione del cristianesimo sono esempi del secondo.
La trasformazione che investe la nostra epoca prese l’avvio da una rivoluzione intellettuale prima che fisica; fu una rivoluzione dello spirito ed ebbe come caratteristica importante un’estensione ampia, per certi aspetti globale.
Fenomeni di questo tipo avvengono con il concorso globale di persone che sono d’accordo e in disaccordo, consapevoli e non consapevoli, intenzionalmente partecipi e apparentemente estranee; nessuno può dirsi estraneo. È innegabile che negli ultimi decenni è profondamente cambiato il modus vivendi collettivo e nessuno può dire che non è cambiato anche il proprio.

Un modus vivendi a ispirazione giovanile
All’inizio degli Sessanta un motto proveniente dagli USA si diffuse nell’intera cultura occidentale: “Non fidarti di nessun over 30”.
È facile profezia post eventum dire che quel motto anticipò il protagonismo dei giovani nei due decenni successivi. È meno scontato riconoscere che innovazioni determinanti per l’esistenza collettiva attuale sono state introdotte da under 30 (a volte abbondantemente under): Bill Gates nel creare Microsoft, Steve Jobs nell’inventare il Mac Intosh e fondare Apple, Mark Zuckerberg nell’ideare Facebook, Lary Page e Sergey Brin nel concepire Google. Gli esempi potrebbero continuare, senza peraltro limitarsi all’ambito dell’informatica.
Tuttavia quel motto anticipava, senza saperlo, una trasformazione anche più profonda: l’imporsi di uno stile giovanile trasversale ai vari aspetti della vita.
Con l’espressione “stile giovanile” intendo designare una modalità di rapportarsi al mondo e all’esistenza che è caratteristica di giovani e giovanissimi, ma non si circoscrive ad essi. Possiede le modalità tipiche della giovinezza, ma le estende collettivamente alle persone di ogni età. Indica, dunque, modi di sentire, di fare e di penare tipici delle prime fasi dell’esistenza, che però si mantengono anche in fasi più tarde.
Le cure estetiche praticate da donne e uomini non più giovani adottano canoni estetici tipicamente giovanili: colore dei capelli, turgore delle labbra, elasticità della cute, aspetto e funzionalità degli organi genitali etc. Settantenni che attraversano l’Europa in bicicletta o che affrontano il cammino di Santiago ostentano una vitalità e una fisicità che è più giovanile che senile. Attempati frequentatori di discoteche e inveterati corteggiatori di ragazzine conservano un atteggiamento giovanile a dispetto dell’età. Jeans lacerati e snikers sono propri dell’abbigliamento adolescenziale, ma trasmigrano con disinvoltura nel guardaroba dei genitori e anche dei nonni. Per inciso, attestano un’interessante inversione dei costumi: un tempo bambini, adolescenti e giovani ambivano a far proprio l’abbigliamento degli adulti; oggi vale il contrario.
Questi esempi, in cui molti possono riconoscersi, mostrano come modi d’essere tipici dei giovani si estendano anche ai non-giovani. Riguardano la dimensione estetica, fisica e genericamente esteriore dell’individuo, ma lasciano intravedere che qualcosa di analogo possa interessare anche la dimensione genericamente interiore, cui appartengono il modo di pensare, la dinamica dei sentimenti, i valori esistenziali.
A titolo unicamente esemplificativo si possono segnalare alcuni tratti dello stile giovanile, che oggi investono la collettività nel suo insieme.
Bambini e giovanissimi sono caratteristicamente insofferenti delle regole; nella collettività attuale è in atto un processo di deregulation a tutti i livelli. L’età adolescenziale veniva tradizionalmente indicata come “età critica” ed era segnata da intense crisi emotive, relazionali, identitarie; la società attuale vive in una situazione di crisi permanente: crisi internazionali, coniugali, occupazionali, finanziarie scivolano dall’una all’altra senza soluzione di continuità.
Lo spirito giovanile è amante del nuovo: tutta la società oggi è incalzata da un succedersi di innovazioni che non concedono tregua; l’aggiornamento costante del software e quello sottilmente imposto dell’hardware è solo esemplificativo. Appartiene allo spirito giovanile la fantasia, terreno mentale della creatività; le invenzioni creative attualmente non sono solo incalzanti, investono ogni ambito produttivo e non, dall’edilizia ala ristorazione, dalla moda alla didattica.
Giovani e giovanissimi possiedono un dinamismo che tradizionalmente non è di vecchi e vecchissimi; lo stile di vita attuale è segnato dalla rapidità che spesso esita in urgenza e frenesia. Volubilità e instabilità caratterizzano i propositi, gli attaccamenti, le convinzioni dei giovanissimi; l’instabilità è la condizione più stabile di aziende e relazioni nell’epoca attuale.
Tra i molti tratti che ancora si potrebbero elencare, spicca la rilevanza che la dimensione collettiva assume nelle fasi giovanili dell’esistenza e il particolare rapporto dei giovani con l’istinto gregario. Si affaccia l’ipotesi, di specifico interesse per il Rotary, che anche le modalità della vita associativa risentano dello stile giovanile che permea la collettività nel suo insieme e i singoli individualmente.
Con luci ed ombre le modalità figuratamente giovanili pervadono la vita collettiva e, com’ abbastanza naturale, vengono interpretate con maggiore efficacia dai giovani. A loro, tra l’altro, spetta il carico maggiormente oneroso delle contraddizioni più evidenti e delle lacerazioni più tormentate. Le riserve reciproche di chi anagraficamente appartiene alla tribù dei giovani e chi dall’anagrafe ne è estromesso rientrano nell’inevitabile cliché del contrasto generazionale. Ma in una realtà in cui il modus giovanile è generalizzato a giovani e non giovani spetta un compito evolutivo imprescindibile: scorporare le opportunità dalle inopportunità.
In una collettività in cui giovani e anziani non sono radicalmente diversi, ma condividono tratti comuni importanti, non è più da invocare il dialogo tra questi due tradizionali strati sociali. Ognuno deve ricercare in sé e negli altri una voce alternativa, deve alimentare una dialettica a dispetto di facili o difficili omologazioni. Perché una cosa ha appurato il pensiero del Novecento: non esiste il negativo in sé, ma l’unilateralità di ogni cosa è negativa.

Claudio Widmann