Relazione settimana

RELAZIONE

Riscoprire l’otium. Un elogio del riposo riflessivo.

Il mese di agosto è un mese strano.
Ad esempio, la gran parte degli uffici pubblici “rallentano” – per usare un eufemismo – la loro attività e di conseguenza la gran parte delle attività professionali “chiude per ferie” e così accade anche per chi lavora nel commercio e nell’industria.
Certo, la crisi economica degli ultimi anni ha cambiato alcune abitudini che sembravano consolidate: non è raro trovare negozi e locali aperti nelle città e, ahimè, non è infrequente trovare aziende che a settembre non riaprono i battenti.
Personalmente, ogni volta che si avvicina questo mese, mi trovo a dovermi confrontare con una sorta di riposo forzato.
Attorno al venti di luglio, infatti, le attività accademiche vengono di fatto sospese: ufficialmente per consentire ai docenti di approfittare della pausa dalla didattica per dedicarsi alle loro ricerche, ufficiosamente per consentire a tutti quanti noi – docenti, assistenti, semplici simpatizzanti – di allontanarci per qualche settimana da una montagna di tesi copiate da Wikipedia.
Allo stesso tempo, per una misteriosa tradizione italica, il primo giorno di agosto i Tribunali della Repubblica cessano la loro attività ordinaria, che ripartirà solo dal sedici di settembre.
Questa pausa assume il nome di “sospensione feriale”, ma in buona sostanza si tratta di una grande pacchia estiva: per circa quarantacinque giorni gli avvocati – tra cui chi scrive – potranno sospendere le attività ordinarie – strigliare i praticanti, lamentarsi delle segretarie, inseguire i clienti che non pagano – e dedicarsi al meritato riposo.
Già, il riposo.
Personalmente, dopo dieci minuti trascorsi sotto un ombrellone mi sento come una tigre in gabbia.
Recentemente, ho letto che a causa dell’eccessiva iperstimolazione dovuta al continuo utilizzo di mezzi tecnologici, nessuno di noi sarebbe più capace di restare solo con i propri pensieri per più di quindici minuti.
Se avessero effettuato quei test su di me, credo che avrei significativamente abbassato la media.
In buona sostanza, una volta che ho esaurito la prima fase della vacanza, ovvero quella che potremmo chiamare “fase REM”, visto che praticamente non faccio altro che dormire, mi trovo disperatamente in cerca di qualcosa da fare.
Leggo romanzi di scrittori sconosciuti, giungendo sistematicamente alla conclusione che se sono tali, un motivo dopotutto esiste, noleggio biciclette che non userò mai, prenoto campi da tennis da disdire all’ultimo minuto.
In buona sostanza, mi annoio.
Alla ricerca di un rimedio alla noia, mi è tornata in mente una sonnolenta lezione di latino, alla quale fui costretto ad assistere in quinta ginnasio, quando quella santa donna della mia professoressa cercava di spiegare Seneca a un branco di adolescenti molto poco interessati alla dimensione speculativa dell’esistenza e decisamente attratti da faccende molto più materiali.
In sintesi, pare che nella società romana esistesse una netta dicotomia tra “negotium” e “otium”: il primo termine indicava il tempo che doveva essere dedicato agli affari, mentre il secondo indicava quella parte dell’esistenza da dedicare ad altro.
La cosa interessante è a cosa si dedicavano i nostri progenitori: non esisteva il turismo di massa, il gossip era ancora in una fase embrionale – essenzialmente limitato alle Odi di Catullo – il calciomercato era ridotto ad alcuni celebri gladiatori. Per internet e la televisione, poi, occorreva aspettare alcuni secoli.
Dunque, che fare per passare il tempo?
Su questo, gli antichi si dividevano.
Epicuro, ad esempio, riteneva che l’uomo dovesse dedicarsi prevalentemente alla ricerca della felicità individuale, evitando così i tumulti e le cure della vita pubblica.
Di diverso avviso Lucio Anneo Seneca, il quale, non a caso, aderiva alla corrente degli Stoici.
Nel “De Otio”, l’ottavo libro dei suoi “Dialoghi”, il filosofo romano sostiene che occorre dedicare parte di quello che noi chiameremmo “tempo libero” al miglioramento collettivo, dedicandosi cioè alla vita politica.
Solo nell’azione, infatti, il sapiente potrà fare qualcosa di buono per gli altri.
Un celebre allievo di Seneca, l’Imperatore Nerone, ebbe tuttavia modo di manifestare il proprio dissenso, costringendo il Maestro a suicidarsi nel 65 d.C.
Le riflessioni dei saggi del passato sono sempre interessanti, anche se spesso di difficile applicazione nel mondo contemporaneo, nel quale, ad esempio, è stata abolita la schiavitù, che consentiva ai sapienti di dedicare la gran parte della loro esistenza all’otium nelle sue diverse declinazioni cui ho accennato sopra.
Eppure, il tema ha interessato anche pensatori più vicini a noi.
Di recente si è occupato del tema un grande filosofo inglese, Bertrand Russell, il quale ha scritto un delizioso “elogio dell’ozio”.
Russell, che aderiva al pensiero marxista, sostiene che il capitalismo preveda che la classe dominante tenga a freno quelle subordinate attraverso la schiavitù del lavoro: in estrema sintesi, Russell sostiene che sarebbe sufficiente che tutti lavorassero quattro ore al giorno per produrre lo stock di beni e servizi effettivamente necessari al genere umano.
Insomma, riprendendo uno slogan caro alle sinistre extraparlamentari del secondo Novecento: “lavorare tutti, lavorare meno”.
Utopia?
Personalmente credo di sì, e nemmeno delle più condivisibili.
Eppure, si sta iniziando a discutere del superamento della settimana lavorativa divisa in cinque giorni da otto ore ciascuno: imprese come Google, ad esempio, lasciano i loro dipendenti liberi di organizzare la propria attività, seguendo ciascuno il proprio bioritmo e, perché no, assecondando il proprio “flusso creativo”.
Si tratta di iniziative pionieristiche e senz’altro collegate alla specificità del settore di riferimento, ma, a giudicare dai freddi numeri, sono scelte che premiano le imprese che le stanno portando avanti.
Oppure, secondo il tipico meccanismo dell’eterogenesi dei fini, finirà che proprio lavorando meno, il capitalismo affannato di questo inizio di XXI Secolo troverà nuova linfa e vigore.
Con l’auspicio che il tempo sottratto alle attività produttive venga dedicato al miglioramento individuale e collettivo.
Intanto, buon otium a tutti voi!